Il nome
Proviene dal tardo latino Locus Rotundus, luogo rotondo. Già nella prima metà del XIII secolo, in ragione del suo accrescersi alla sommità di un colle racchiuso nella sua cinta muraria, il borgo assume quella forma circolare che gli ha dato il nome e che appare anche nella cartografia dei secoli successivi.
La storia
IX-IV sec. a.C., numerosi reperti archeologici fanno pensare a una frequentazione antica del sito, sia collinare sia di fondovalle, ma non è provata l’origine greca.
1195, risale al tempo della dominazione sveva il primo documento in cui è citato il luogo detto Rotondo con la sua chiesa di San Giorgio, quale feudo del monastero benedettino di Santo Stefano, situato sulla vicina costa adriatica, nei pressi di Monopoli. Da allora e fino a tutto il Trecento, con gli Angioini in terra pugliese, Locorotondo assume la fisionomia di casale.
XV sec., il possesso feudale passa dai monaci ai baroni: prima ai Del Balzo-Orsini, poi ai Loffredo (1486) e ai Carafa (1499), sotto i quali vengono eretti le mura e il castello, distrutti a metà Ottocento.
XVI-XVIII sec., benché dotato di autonomia municipale, il paese continua a soffrire la presenza di feudatari, di provenienza napoletana o spagnola (Figueroa, Borrassa, Caracciolo), che si succedono per altri tre secoli.
Solo verso la metà del Cinquecento, con il riscatto delle terre circostanti e la conseguente formazione di un proprio territorio comunale (1566), si assiste a un timido miglioramento delle condizioni di vita, con un aumento di popolazione e la costruzione di nuovi edifici di culto.
Un’ombra intangibile in un soffio d’estate: come si fa a non amare un luogo come questo, la sua forma circolare, i vicoli che si incuneano stretti tra le case, ma niente hanno di angusto perché sono attraversati dalla luce, bianca, accecante? Le case che profumano di calce, poggiate sulla splendida pavimentazione in pietra locale (le chianche), hanno un’altra particolarità: i loro tetti spioventi – le due falde fatte di lastre di pietra calcarea, chiamate cummerse – sembrano nordici ma hanno origine tutta locale, che viene dal bisogno di racchiudere volte a botte dal profilo molto rialzato. Le cummerse coprono qui tutte le case e danno dall’alto la fiabesca impressione di una sorta di villaggio di Hansel e Gretel, ma mediterraneo. E miracolosamente non c’è traccia di degrado: le stradelle sono sempre pulite, spuntano gerani sui balconcini di ferro battuto e, in campagna, crescono papaveri accanto ai muretti a secco, ai coni dei trulli, ai verdeggianti campi di grano.